Lo Zingaro
Una piccola piccola isola di terra in un angolo quasi remoto della grande grande isola Sicilia
a cura di Daniele Crotti e Giovanna Fonzo
La RISERVA NATURALE ORIENTATA DELLO ZINGARO, in provincia di Trapani, nel Comune di Castellammare del Golfo, tra Scopello (la sua Tonnara non è di fatto più visitabile, se non a pagamento e in modo assai parziale, perché trasformata in hotel di lusso) e S. Vito Lo Capo (la piccola Tonnara del Secco è tristemente abbandonata a se stessa), è così chiamata perché è mantenuta tale ma prevede in modo contenuto e razionale l'intervento dell'uomo, sì da salvaguardare il territorio nel suo complesso e intervenire se necessario per garantire equilibri biologici ed ecologici floro-faunistici. Ha un suo regolamento ed è liberamente percorribile (con le dovute attenzioni e regole codificate) da mattina a sera. Apre alle 7.30 e alle 19.30 chiude. L'ingresso costa 3 euro, ma vale certamente la modica spesa. Avvertenze scritte e a voce date dai custodi ai due ingressi (nord e sud) della Riserva sono chiare, perentorie, utili.
Dov'è? Da
Scopello ci si arriva anche a piedi (un paio di chilometri), mentre
da S. Vito Lo Capo è necessario noleggiare una vettura (cosa
che spesso si fa direttamente all'aeroporto di Trapani - Birgi, per
i più che qui arrivano per una vacanza breve o lunga che sia).
Per piccoli gruppi o comitive vi sono anche servizi transfer. Noi ne
abbiamo notato uno, il Trinacria
transfer,
che si può consultare via Internet nel sito www.trinacriatransfer.it.
Ma sicuramente molte possono essere le possibilità. Ambiente La
zona, il promontorio di San Vito, non può non piacere. Vi è
mare e vi sono i monti. Non vi è soltanto la bella Riserva dello
Zingaro, ma anche le spiagge e la costa che da Cala Rossa scende sino
a Tono, passando per Santa Margherita, e la più contenuta Riserva
Naturale Orientata di Monte Cofano. Noi vorremmo offrire alcuni suggerimenti relativi al paese di san Vito Lo Capo, ove consigliamo di alloggiare, e alla Riserva dello Zingaro, sia per godersi il mare e la sua acqua sia per gradevoli passeggiate sui monti soprastanti, che spesso a picco proteggono il litorale da… "assalti pericolosi'. Sembra che si chiami lo Zingaro, perché sin da prima del XVI secolo qui si sono rifugiate popolazioni forse nomadi fuggite dalla Spagna della Restaurazione. E' dal "500 che l'area è così chiamata, dicono le guide forestali.
Dove si mangia Vi
è l'imbarazzo della scelta: si mangia bene più o meno
ovunque, così ci è parso. Certo i prezzi non sono bassi
però neppure elevatissimi, salvo poche eccezioni. Ma ogni ristorante/trattoria
espone all'esterno il proprio menù con tanto di prezzo, per cui
il visitatore sa regolarsi. Per un buona pizza i locali ci hanno consigliato,
per esempio, El
sombrero;
per cibi locali, pesce e frutti di mare, i primi quali busiate e cus
cus, e altro ancora, sicuramente l'Agorà
e il Thaam
sono raccomandabili, ma non certo così economici. Noi non ci
siamo trovati male allo U
sfiziusu,
che ha il pregio di essere un po' decentrato e quasi sul mare (la grande
spiaggia di San Vito), e, per un buon cus cus (come lo scrivono qua)
di pesce (o d'altro) ci è piaciuta la Casa
del cous cous
dei Battaglia (fatevi raccontare la 'storia politica' di Enzo). Certo,
localini piccoli e semplici, osterie vere e proprie, cose così
insomma, non ci sono, ma anche quanto il paese offre può assecondare
i gusti dei tanti che qui vengono a fare la loro, comprensibile, vacanza. Gelaterie e graniterie: non sono poche. A noi hanno consigliato la Sirenetta (ma ha orari strani), e ci è piaciuto il Cusenza in piazza del Santuario. Per la pasticceria: il Peralta è raccomandabile.
Dove si dorme Svariate
sono le scelte. C'è di tutto. E poi oggi l'uso di Internet facilita
assai. Ma qualche nostra nota la vogliamo suggerire. Noi
ci siamo trovati bene presso l'Affittacamere
Albert,
in via Bixio, a 5 minuti dal centro, in zona più tranquilla interna.
Hai la tua autonomia, la prima colazione è artigianale, i gestori,
Anna e Vincenzo, sono gentilissimi e disponibili per aiutarvi in tante
circostanze e per qualsivoglia indicazione logistica. Noi abbiamo pagato
70 euro al dì per una buona camera a tre letti (50 se si fosse
stati in due), compresa la ricca prima colazione, che si consuma in
un atrio semi aperto per noi assai grazioso (info@affittacamerealbert.com
o www.affittacamerealbert.com
con telefono 0923 974178). I gestori hanno a disposizione anche altre
soluzioni fuori paese verso la Riserva dello Zingaro, in località
Contrada Sauci grande: sono villette con camere anche e 4 o 5 posti
letto. Da qui anche a piedi già si potrebbe partire per le escursioni
montane o per le passeggiate lungo le varie spiaggette, ma certo è
isolato e per raggiungere S. Vito ci vuole un mezzo idoneo. Potrebbe
andar bene per gruppetti di escursionista 'particolari'. Escursioni e spiagge Che dire di più? Poco. E' tutto, o quasi allettante. In tre giorni potete camminare e godere il mare abbondantemente. Gli
stessi gestori della struttura recettiva ove abbiamo alloggiato hanno
a disposizione la piantina degli itinerari per la Riserva dello Zingaro.
Sono segnalati svariati percorsi che sono abbastanza ben indicati anche
in loco. Lungo il percorso tradizionale più facile, dall'ingresso
nord a quello sud (7 km per 2 ore effettive di cammino), non perdetevi
la visita a tutti i piccoli ma emozionanti centri di documentazione,
che qui chiamano musei: quello delle attività marinare, quello
della civiltà contadina, quello della manna, quello naturalistico.
Parlate con i custodi: sono cordiali e vi diranno un sacco di cose.
Se volete salire dal livello, o quasi, del mare sino ai 500, 600 e oltre
metri, non perdetevi la salita a Sughero, a Borgo Cusenza, a Pianello
e alle "foreste di roccia', a Portella Mandra Nova, al Bosco Scardina.
Le possibilità sono tante e potete scegliere itinerari di 3 -
4 ore sino a quelli più lunghi di 5 - 6 ore. Evitate, come dicono
e raccomandano, di uscire dai sentieri segnalati. E' anche più
sicuro, da vari punti di vista. Avendo a disposizione qualche giorno
in più viene raccomandata la salita al Monte Monaco, direttamente
da S. Vito, e un bella passeggiata attorno e sotto al Monte Cofano.
Sappiate che all'interno della Riserva non vi sono bar, ristorantini, o altro: dovete portarvi tutto con voi, dall'acqua (più è meglio è) al cibo (per esempio un buon pane cunzato che trovate in panetteria o che potrebbe prepararvi chi gestisce la cucina della struttura alberghiera; a noi Anna ce lo preparò: buono!). NB: attenti che di maggio ci possono essere piccole zecche: sulle montagne come sulle spiagge. Ma non fanno male; al più una sorta di pizzico che potrebbe creare un piccolo ponfo - basta allora una pomata con antistaminici. Ci han detto che eccezionalmente dopo un paio di giorni potrebbe comparire febbre: un antipiretico risolve tutto. Non ci sono allarmi per alcun genere di patologie legate a questi insetti, in ogni caso. State tranquilli.
LA MARCIA DELLO ZINGARO
breve racconto vissuto e magnificato
Stefano non aveva partecipato alla grande marcia, quella del 1980, la marcia per salvare la riserva naturale che la popolazione aveva imparato a conoscere e ad amare, e che voleva difendere da pericolose speculazioni. Ed era da pochi anni nato quel primo maggio quando non lontano da questi luoghi, a Portella della Ginestra, la banda di Salvatore Giuliano sparò sulla folla e uccise alcuni sindacalisti e contadini che manifestavano in quella giornata di festa la propria gioia, nonostante le sofferenze, le lotte, il lavoro quotidiano duro e difficile; i mandanti sono sempre stati ufficialmente ignorati. Quella stessa banda, di cui un componente uccise qui, allo Zingaro, un finanziere nello svolgimento delle sue delicate funzioni, è ormai però dimenticata. E chissà se Stefano ha mai sentito parlare della grande marcia per la pace che Danilo Dolci poco dopo la metà del XX secolo organizzò in questa area occidentale della bella e contraddittoria Sicilia. Ma questa è un'altra storia. Sono altre storie. O forse sono storie tra loro interconnesse? E chissà, invece, se la storia dello Zingaro è leggenda o realtà: saranno stati davvero nomadi cacciati o fuggiti dalla Spagna, conservatrice violenta e cattolica, a rifugiarsi tra questi monti a picco sull'azzurro Mediterraneo a metà del "500? La storia di Stefano, ivece, che il cronista vuole raccontare, inizia un giorno di fine maggio. Nel XXI secolo. E' una storia breve, semplice. E' la storia dell'avventura di un paio di giorni. E' una storia da raccontare? Lo stabilirà il lettore se è valsa la pena raccontarla, questa storia. Questa storia inizia a San Vito Lo Capo. Arrivato qui, Stefano ha trovato alloggio in una cordiale e graziosa piccola struttura recettiva alberghiera; cordiale perché cordiali sono i gestori, graziosa perché è arredata in modo gradevole, naif, con delicati colori che ricordano questa terra. Stefano è in fermento, perché vuole camminare la riserva. E' una “riserva naturale orientata”, questa dello Zingaro. Naturale perché la natura è stata benevola, orientata perché l'uomo, in misura e modo ragionati, può intervenire, per controllarne gli equilibri ecologici e biologici; certo! Stefano entra in Riserva dall'ingresso settentrionale e inizia da qui e così il suo cammino - e che bella, subito, la prima cala, quella della Tonnarella dell'Uzzo -. Il percorso è facile, suggestivo, rilassante. Si addentra nella immensa grotta dell'Uzzo e poi si rifugia nel regno oggi di Giuseppe: il Museo della Civiltà Contadina:
Questo museo non nasce con l'intento di rievocare nostalgicamente il passato né illudersi di restauralo. Si prefigge invece di far comprendere meglio la società nella quale oggi viviamo. Capire ciò [e cioè, sottolinea Stefano] che va difeso e conservato [il passato: senza questo non puoi comprendere il presente, pensa Stefano, e tantomeno prepararti all'incognita del futuro]
Prosegue quindi il suo itinerario. La giornata è bella, calda ma non torrida. Si cammina con piacere. Ha con sé la moglie e il figlio. Stanno bene. Profumi mediterranei - la ginestra odorosa con le macchie gialle dei suoi fiori, mirto, mentuccia e altro impossibile da indovinare -, colori attenuati - l'immenso verde è qua e là punteggiato di giallo, e non solo dei fiori di ginestra e ginestrella, di violetto, di indaco, di azzurro -, suoni silenziosi - i turisti, ancora pochi per fortuna, sono cauti nel loro parlare -. Cala dell'Uzzo, Cala Marinella, Cala Berretta, Cala della Disa sono tutte sotto questo buon sentiero che porta Stefano sino al Museo della Manna. E' il frassino orniello che, inciso, regalerà questo prezioso liquido dalla tante proprietà anche curative - che avesse potuto essere un quarto dono di un quarto e apocrifo re magio? -. E' Dino che accoglie Stefano, Luigia e il giovane Paolo. Ascolta, ascoltano, con interesse quanto un paio di turisti raccontano a lui della “Libera Terra”, proprio in quel di Portella; ascolta, ascoltano, con curiosità i trucchi della manna (non caduta dal cielo), e assaggia, assaggiano, con gusto, un sorso, un piccolo sorso, dell'acqua "amorosa' di Dino. Si prosegue. Supera Punta Capreria grande ed eccolo, eccoli, al Museo Naturalistico. Una scolaresca confonde la loro attenzione che però il figlio, giovane studente di zoologia, non soffre; si sofferma, infatti, Paolo, ad ammirare e leggere con attenzione quanto qui è esposto. E sobbalza allorché vede scritto, correlato ad un ramarro tassidermizzato (fa parte della fauna autoctona), Lacerta viridis: questa specie è endemica nell'est Europa; in Italia, in Sicilia pertanto, è presente la specie L. bilineata! Lasciato quest'altro piccolo ma suggestivo centro di documentazione (- di codesta terra magica -), sale al cosiddetto Centro visitatori, qual è lui d'altronde, dove Mimmo, sagace e piccante custode, o forse loquace e sapiente intrattenitore, descrive le attività manuali di un tempo che, oggi, alcuni anziani (ma non troppo), donne e uomini, descrivono con le loro abili dita, silenti le bocche e attenti gli occhi, ai passanti ed agli interessati. Vi è anche, fuori del rifugio - che belle le grondaie di questi fabbricati: coppo dopo coppo in chiara pendenza per confluire in un tubo verticale di analogo materiale per accompagnare l'acqua a terra - la Testudo hermanni (testuggine di terra non tartaruga di mare!); lo spirito di Mimmo non può non soffermarsi sullo spiegare come "si distingue' una testuggine femmina da un testuggine maschio: "ne prendi un esemplare in mano e lo scuoti. Se è femmina, tace; se è maschio protesta camillerarmente con un «non rompere i cabbassisi'»! Raggiunge infine, nota il cronista, l'ingresso sud con la grande galleria simbolo della grande marcia dell'80, cui Stefano non partecipò. Stefano ritorna quindi sui propri passi per spizzicare un pezzo di pane cunzato preparato dall'abile Anna - ma che buone le busiate della sera avanti - sulla spiaggia sassosa della Disa. Un breve sonnellino sulla spiaggia della Capreia e poi "gambe in spalla'; la cara Luigia resta in spiaggia per riposarsi e curarsi, mentre Paolo lo accompagna verso le pendici di queste a tratti inquietanti montagne. Arrivano, Stefano e Paolino, ai rifugi del Sughero, pompano acqua per rinfrescarsi, piegano a destra ed eccoli a Borgo Cusenza. Un brevissimo riposo. Da qui la lunga discesa alle grotte di Mastro Peppe Sii no e quindi al sentiero principe che unisce l'ingresso per San Vito a quello per Scopello. Una visita allora al Museo delle attività marinare - le tonnare raccontano la vita dei pescatori del posto - e poi giù alla bella spiaggia di Cala Tonnarello - appunto - dell'Uzzo. L'acqua è fredda. Stefano e Paolo non rischiano - meduse a parte. Poco prima del precoce tramonto - il sole è presto oscurato dalle scoscese cime di questi monti - si uniscono a Luigia e rientrano alla dimora prescelta. Dopo la doverosa doccia un bicchiere di fresco marsala con un biscotto di fichi - è la zia di Enzo che li prepara sapientemente da sempre - prima di avventurarsi nella bolgia domenicale del centro del paese. Dopo cena (u sfiziusu stasera li ha un po' delusi) una lunga passeggiata nel buio verso il porto succhiando, Stefano, la buona liquerizia di Enna, acquistata (costicchia, eh già) ad una delle tante bancarelle qui presenti perché giorni di festa - oggi finisce il festival internazionale degli aquiloni (ricordi poetici sono inevitabili per Stefano) -, liquerizia in barba alla pressione arteriosa, mentre Luigia e Paolo si gustano un cono di gelato al pistacchio. La notte scorre tranquilla. Beh, per modo di dire. Forse le troppe sigarette fumate da Giovanna non le consentono un respiro silenzioso durante il sonno; ne conseguono le proteste di Paolo il cui riposo notturno è inficiato dal russare, o simile, della mamma. La mattina seguente colazione con i dolci fatti in casa: ciambellone al cioccolato preparato dall'Anna (all'anagrafe Anna Maria), una delicata torta di mele e una squisita di ricotta frutto dell'esperienza della madre di lei, ovvero suocera di Enzo. Dopo aver accompagnato moglie e mamma alla intima Cala Marinella, la salita al Pianello, via Sughero li porta a oltre 600 m, nel bel mezzo della Stone Forrest. Il paesaggio silenzioso delle alture coi falsi piani accattivanti e affascinanti si rompe all'arrivo, dopo alcune - poche in fondo - ore di lesto cammino, alla piccola e raccolta Cala della Torre dell'Uzzo, in queste ore del pomeriggio affollata e mossa dal vocío dei bagnanti - ma con riserva. La guglia dello Speziale e la parete scoscesa del Monaco hanno allontanato Luigia dalla caletta iniziale per distendersi all'Uzzo per insaponarsi di sole. Ma cosa saranno state quelle fastidiose piccole zecche salterine che poco prima del Pianello, ma pure a quote marine, hanno assalito e nostri due camminatori? E' il loro periodo, ha detto loro un custode della riserva. M non v'è pericolo alcuno. Da sempre possono disturbare; ma sono quelle che non parassitano di certo l'uomo e né tanto meno sono responsabili di trasmettere, perché vettori o veicoli, antipatici o pericolosi agenti di gravi o pericolose febbri: Ixodes o Rhipicephalus?, Boophilus o Dermacentor?, Hyalomma o Haematophysalis?, o forse Amblyomma presente solo in Sicilia? Sarà stato il crollo di concentrazione, il bisticcio fugace relativo alle zecche che sembrano aver punto Paolo, il disagio ambientale dell'Agorà - ottimo cibo ma mal ostentata raffinatezza con costi non certo popolari sia pur contenuti - o altro ad abbattere momentaneamente lo stato di grazia di Stefano? Il cronista finisce qui il racconto di questa storia e lascia al lettore vacanziero l'invito a leggerla e digerirla.
Daniele
Crotti |